- 09/03/2023
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Il 2022 è stato decisamente positivo per l’industria dei minibond. In un anno in cui si sono ridotte le garanzie pubbliche su questa classe di titoli, varate in occasione della crisi pandemica, la crescita del numero di imprese emittenti si è accompagnata alla diffusione dei basket bond e all’aumento di emissioni green, connesse alla sostenibilità.
Minibond e Basket Bond: un po’ di chiarezza
Quelli presentati dall’Osservatorio Entrepreneurship, Finance & Innovation, del Politecnico di Milano, sono dati interessanti per il mercato dei minibond. Secondo il nono report italiano sui minibond, il 2022 è stato un anno di crescita record, tanto per le emissioni, arrivate a quota 1,65 miliardi di euro, quanto per gli emittenti, cresciuti del 27 percento.
L’analisi si è concentrata sui titoli di debito – obbligazioni e cambiali finanziarie – emessi in accordo al D.L. Sviluppo del 2012 emessi da società di capitali o cooperative residenti in Italia o la cui attività dominante è qui svolta, che non siano catalogate come società finanziarie (codice Ateco K), né siano costituite come un veicolo di raccolta di fondi per finanziare acquisizioni.
Le emissione considerate sono state quelle non quotate in un mercato retail e caratterizzate da un valore massimo inferiore a 50 Milioni di euro. Obiettivo di questo genere di finanziamento è la raccolta di fondi a breve e medio periodo per soddisfare i bisogni di liquidità, soddisfare le esigenze del capitale circolante, rifinanziare i debiti in scadenza o sostenere i piani di sviluppo industriale e di internazionalizzazione.
I minibond, introdotti nel 2012, hanno beneficiato delle garanzie di diversi soggetti pubblici, nazionali e sovranazionali, durante la fase pandemica, che ne hanno favorito la diffusione tra le Pmi italiane.
Come si emettono i minibond
L’emissione di un minibond è un processo complicato, a cui possono prendere parte più soggetti. A coadiuvare l’impresa nella fase di emissione dei minibond possono intervenire diversi attori quali l’advisor, che verifica le condizioni e prepara la documentazione necessaria all’emissione; la banca arranger, che coordina l’aspetto finanziario dell’operazione ed assume un ruolo attivo durante il collocamento sul mercato del titolo; l’agenzia di rating, che fornisce un giudizio sintetico sulla sostenibilità dell’investimento e sulla salute dell'impresa emittente; lo studio legale, che si occupa della predisposizione dei documenti in accordo alle norme in vigore. Questi titoli possono essere collocati presso investitori qualificati, presso il segmento professionale del mercato ExtraMot di Borsa d’Italia o nelle piattaforme di equity crowdfunding abilitate dalla Consob. Nel caso in cui i minibond siano interamente acquisiti dalla banca che ha anche operato come Arranger si parla di minibond captive, “catturati” dall’istituto di credito prima che arrivino sul mercato.
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I Basket bond: un titolo per tutti i minibond
Per garantire alle imprese emittenti le adeguate risorse finanziarie, si è affermato lo strumento dei basket bond, una forma di cartolarizzazione dei minibond emessi. Un’apposita Società Veicolo (Special Purpose Vehicle, SPV) è costituita al fine di investire in un gruppo di minibond, selezionato con criteri che possono essere settoriali, geografici o altro. Per raccogliere i fondi necessari a questi investimenti, la società veicolo emette a sua volta dei titoli di cartolarizzazione in accordo all’articolo 5 della legge 130/1999. Questi basket bond rientrano quindi nella categoria dei titoli obbligazionari garantiti da un sottostante (Collateralized Debt Obbligation, CDO) costituito appunto dai minibond.
Basket Bond e garanzie pubbliche
Due panel di ospiti sono intervenuti durante la presentazione del report dell’Osservatorio. Nel primo si è discusso del ruolo dei basket bond nella diffusione dei minibond e quello delle garanzie pubbliche, la cui composizione e le cui prospettive sono destinate a mutare con il cambiamento degli scenari macroeconomici.
Secondo Simone Brugnera, Head of Minibond & Direct Lending di Banca Finint, la diversificazione offerta dai basket bond è necessaria ma non sufficiente: per l’affermazione dei minibond rimane fondamentale il supporto della garanzia pubblica.
Giovanni Frisone, responsabile per i basket bond di Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) ha illustrato le due linee di intervento che segue la SpA del Ministero dell’Economia: quella sui basket bond secured e quella sui basket bond a mercato. I primi sono supportati da garanzie pubbliche di prima perdita sul portafoglio che copre i default su ciascuno dei minibond che compongono il basket, con un massimale definito in funzione della tipologia di garanzia offerta. Per i secondi, sprovvisti di garanzia, Cdp esegue un’analisi dei piani di impresa per ciascun emittente. Dal 2017, Cdp ha finanziato oltre 200 imprese, con più di 10 programmi di basket bond, per un totale di un miliardo di euro.
Angela Mancinelli, Head Of Unit Infrastructure and Public Sector della Banca Europea per gli Investimenti, ha rimarcato come la Bei non intenda archiviare il programma di garanzie ai minibond fornito durante il culmine della pandemia ma che, pur in un contesto macroeconomico e geopolitico mutato, la richiesta anche da parte di altri Stati membri per il proseguimento di questo programma spinge a riformulare questo servizio. Le ulteriori sfide poste dalla competizione internazionale e gli obiettivi di sostenibilità ambientale e di digitalizzazione delle imprese possono essere delle valide motivazioni per un rinnovato impegno da parte della Bei.
Rinnovato anche l’impegno di Mediocredito Centrale, come confermato da Gianpaolo Pavia, responsabile delle garanzie, anche grazie alla prossima pubblicazione delle disposizioni operative per il basket bond nazionale, che prevede la creazione di una sezione speciale del fondo di garanzia, con risorse per 200 milioni di euro. Questo comporterà l’estensione delle categorie di soggetti che possono richiedere la garanzia: oltre ai soggetti ordinari come banche e altri soggetti vigilati, sono state ammesse anche le SPV, che possono sottoscrivere le obbligazioni e richiedere la garanzia sul portafoglio, le Pmi e le imprese Mid-Cap con meno di 500 dipendenti. La copertura del portafoglio potrà arrivare al 25 percento, rispetto al precedente 8 percento sui portafogli di minibond. Questa garanzia sarà commisurata alla rischiosità media del portafoglio e potrà variare da un minimo dell’11 percento a un massimo del 25 percento. Ogni singola operazione sarà garantita all’80 percento. I portafogli potranno avere una dimensione compresa tra i 40 e i 300 milioni di euro. Una commissione pari all’uno percento sul valore del portafoglio verrà applicata alla garanzia erogata. Le operazioni che potranno essere incluse nel portafoglio sono le operazioni di sviluppo aziendale, con una durata massima di 120 mesi e un importo compreso tra i 2 e gli 8 milioni di euro. L’obiettivo è quello di pubblicare le modalità operative entro la fine di marzo per poter dare il via a questo strumento.
Il sistema delle garanzie non ha solo il pregio di ridurre il costo del finanziamento per l’emittente. Secondo Leonardo Frigiolini, founder di F&P Frigolini & Partners Merchant e Ceo di Fundera, il meccanismo delle garanzie, se coordinato, può portare l’attenzione di investitori esteri verso realtà più piccole, come imprese regionali ed eccellenze locali. I primi sarebbero agevolati nell’analizzare realtà minori, che non sono use a presentarsi a investitori internazionali.
Un altro pregio dei minibond è quello di contribuire alla diffusione della cultura finanziaria e del mercato dei capitali presso le Pmi, come sostenuto da Alessandro Mallo, responsabile minibond e basket bond di Unicredit. Dal 2017, la banca ha finanziato oltre 150 aziende per un totale di quasi un miliardo di euro con cento minibond interamente sottoscritti: 11 dei quali distribuiti a investitori istituzionali e 47 strutturati nella forma del basket bond, avviati nel 2019 con la promozione della Regione Puglia. Nel 2021 è stato il turno dei basket bond di filiera con una dotazione di 200 milioni per sostenere le imprese che fanno parte delle principali filiere economiche italiane, seguita dal bond food Mezzogiorno, per supportare la crescita sostenibile per le imprese del settore agroalimentare nel Sud del Paese, e dal basket bond Esg, che aveva lo scopo di fornire a Pmi e Mid-Cap un totale di 100 milioni di euro per l’orientamento verso business sostenibili sotto i profili ecologico, sociale e di governance.
Ove presente, il giudizio di rating riveste un ruolo importante per minibond. La valutazione del merito di credito ha sofferto il verificarsi di eventi straordinari, dalla pandemia covid alla crisi energetica, come ha evidenziato Fabio Policelli, analista di Modefinance. Dal 2019, la società si è trovata a dover aggiornare il proprio rating su quasi 70 emittenti con la diffusione della pandemia di covid-19, con bilanci totalmente stravolti rispetto alle prospettive comunicate in fase di emissione dei minibond. Questo ha comportato la difficoltà di stimare il tasso atteso di default, in presenza di quello che Nassim Nicholas Taleb chiama “un cigno nero”, un evento – quello della pandemia di covid – estremo e in grado di stravolgere ogni valutazione. Tra il 2020 e il 2021 queste imprese emittenti hanno risposto con rapidità e flessibilità, integrando i dati quantitativi già forniti con quelli qualitativi, aggiornati di continuo. Nel complesso, i tassi di default del periodo covid sono rimasti contenuti.
Il rialzo dell’inflazione è stato un altro fattore macroeconomico che ha contribuito a mettere sotto stress i fondamentali delle aziende emittenti, vecchie e nuove e sui cui tassi di default se ne avrà nozione solo in seguito. La nota positiva è che le società che partecipano alle emissioni sperimentano un valore di default inferiore al dato nazionale, con un merito di credito maggiore.
L’ipotesi è che l’emissione di minibond non sia soltanto uno strumento per finanziarsi ma anche per adottare un maggiore rigore finanziario. In sintesi, le società emittenti possono affrontare meglio gli stress finanziari con un beneficio non solo sul merito di credito ma della loro credibilità in generale. Le prospettive sul tasso di default sono sì in crescita, con il previsto riemergere della questione energetica nella stagione estiva, ma si prevedono comunque inferiori rispetto alla media nazionale, attorno a un 4-5 percento.
Lo strumento dei basket bond si presta anche ad attuare programmi di sviluppo economico locale, come testimoniato da Giovanni Rallo, direttore generale di Finlombarda, società finanziaria di Regione Lombardia e intermediario finanziario sotto la supervisione di Banca d’Italia. Dal 2015, Finlombarda sottoscrive direttamente le emissioni senza fornire garanzia sugli strumenti con l’obiettivo principale di contribuire allo sviluppo territoriale. A fine 2019, la società ha strutturato un basket bond insieme a Cdp, Banca Finint ed Elite Euronext, di cui ha sottoscritto al 50 percento l’emissione. Il basket bond di Finlombarda non ha limitazioni settoriali e ha una gamma di finalità diverse quali quella di coprire la liquidità delle imprese e contribuire al capitale circolante, sostenere gli investimenti e rimodulare l’indebitamento o a finanziare il magazzino. Le emissioni sottoscritte hanno riguardato imprese con un fatturato che va dai 5 ai 400 milioni di euro, con una dimensione dei minibond sottoscritti cha spaziano da 1 a 20 milioni di euro. Il settore manifatturiero è quello più coinvolto in questa tipologia di finanziamenti, seguito dai servizi, l’IT e il farmaceutico.
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I numeri del report 2023
Il 2022 è stato un anno record per le emissioni e gli emittenti di minibond. In tutto, 254 imprese hanno collocato questo strumento sul mercato, con una crescita del 27 percento rispetto all’anno precedente. Le società di capitali si confermano le principali emittenti di minibond, con SpA e Srl che rappresentano rispettivamente il 54 e il 42 percento del totale; la quota rimanente è costituita da società cooperative e consortili, da cui sono stati generati rispettivamente 6 e 3 minibond.
Un emittente su quattro ha già fatto ricorso al minibond. Il dato che conferma la diffusione di questo strumento è quello del numero di debuttanti: dal 2013 questo valore è cresciuto costantemente, passando dai 15 nuovi emittenti ai 190 del 2022. Filtrando i dati per i codici Ateco dei soggetti emittenti si possono notare alcune novità: le attività manifatturiere (codice Ateco: C) restano la principale fonte di minibond, con quasi un terzo del totale nel 2022, seguite dalle costruzioni (Ateco: F), a quasi il 17 percento, che hanno beneficiato degli incentivi disposti nel Pnrr passando dai 18 emittenti del 2021 ai 42 del 2022. Gradino più basso del podio per il settore del commercio (Ateco: G), fermo al 12 percento.
Il Nord è l’origine principale dei minibond. Divisi per provenienza, gli emittenti sono in prevalenza lombardi (24 percento), veneti (20 percento) e piemontesi (11 percento), mentre la Campania si conferma la prima Regione del Meridione ma con una forte frenata, dai 39 emittenti del 2021 a 19 del 2022.
Il minibond è uno strumento per Pmi. Non solo il totale delle emissioni delle Pmi nel periodo 2013 - 2022 ammonta a 3,56 miliardi di euro su un totale complessivo di quasi 8,61 miliardi di euro, ma il peso delle piccole e medie imprese è cresciuto al 60 percento su un totale di 1,65 miliardi di euro raccolti nel solo 2022.
I Basket Bond si sono affermati come strumento preferito. Rispetto all’anno precedente, i basket bond hanno sperimentato una crescita del 189 percento, contro modesto più 40 percento dei minibond portati sul mercato da un arranger, una banca che si fa carico di collocare il titolo. Un netto calo del 40 percento dei minibond captive, quei titoli sottoscritti e collocati interamente presso un’unica banca. Il calo dei minibond captive si spiega con lo spostamento di preferenze delle banche verso i basket bond, anche per la loro capacità di diversificare un investimento in un portafoglio di più minibond.
Il valore medio delle emissioni è tornato a crescere. Con l’arrivo delle Pmi, il valore medio aveva terminato un andamento discendente nel 2021 a poco meno di 4,5 milioni di euro, in calo dai 6,8 milioni di euro del primo semestre del 2018. A fine 2022, il valore è tornato a crescere, sfiorando i 6,5 milioni di euro. A contribuire a questa inversione sono state le emissioni da parte delle Mid-Cap, aziende di dimensioni più grandi delle Pmi.
Si conferma una scadenza per il medio periodo. Con un valore medio di 5,6 anni, il 2022 conferma sostanzialmente il dato dell’anno precedente. Tra le scadenze lunghe, spicca una netta riduzione di quelle superiori ai sette anni, compensate da quelle comprese tra i sei e i sette anni.
Esplodono le cedole variabili e si affermano quelle Esg Linked. Dalle 22 emissioni del 2021 che presentavano questa forma cedolare si è passati a 105 nel 2022. La vera novità è tuttavia la crescita delle cedole Esg Linked, che subordinano il pagamento della stessa cedola al raggiungimento di obiettivi connessi alla finanza sostenibile quali quelli ambientali, sociali o di governo d’impresa. Questo tipo di cedola non ricade propriamente nella categoria di cedole a tasso fisso o a tasso variabile in quanto, valore del pagamento è noto a priori ma è il suo stesso pagamento ad essere aleatorio. Nel biennio 2021-2022 le emissioni con cedole Esg Linked sono passate da 18 a 31. Infine, il valore medio della cedola fissa è passato dal 3,94 percento al 5,18 percento, in linea con uno scenario di aumento dei tassi di interesse.
I minibond quotati restano una minoranza. Oltre il 95 percento degli emittenti di minibond sono aziende non quotate. Questo dato si accompagna a un ridotto numero di minibond che ricevono un rating: dei 254 emessi nel 2022, solo 12 hanno ricevuto il rating di investment grade, ossia un giudizio di titolo poco rischioso; 11 quello di speculative grade, ossia di titoli rischiosi. e 14 quello di undisclosed o unsolicited, ossia comunicati solo al soggetto che richiede il giudizio sull’investimento. Quasi l’86 percento dei titoli non ha ricevuto un giudizio di rating.
Sono aumentati i minibond senza garanzia. Complice l’uscita dall’emergenza pandemica, il numero di emissioni che non prevedevano alcuna garanzia da un soggetto terzo è passato dal 16 al 22 percento nel biennio 2021-2022. Il Fondo Europeo per gli Investimenti e la Bei hanno fatto la loro parte, sottoscrivendo garanzie per 59 minibond.
Sono esplose le emissioni green e quelle connesse alla sostenibilità. Le prime sono passate da una nel 2018 a 29 nel 2022; le seconde, introdotte solo nel 2021, sono arrivate a 31 l’anno successivo. Nel complesso questi tipi di emissioni hanno raccolto quasi 304 milioni di euro nel 2022. Questo dato lascia ipotizzare una buona disposizione da parte del mercato per gli investimenti a tema ambientale e sociale.
Banca Finint crede nei minibond; Unicredit privilegia le emissioni captive; il mercato apprezza i basket bond. L’Osservatorio ha infine presentato classifica degli arranger, i soggetti finanziari che si sono occupati del collocamento dei minibond emessi dalle imprese. La classifica include le emissioni di società finanziarie (codice Ateco: K) e i veicoli per le acquisizioni. Ordinati per numero di emissioni, gli arranger più attivi sono stati Banca Finint, Unicredit e Bper Banca, rispettivamente con 46, 45 e 15 minibond gestiti. Unicredit si è contraddistinta per il numero di minibond captive, sottoscritti unicamente dalla banca, senza collocamento sul mercato, per una quota prossima alla metà dei minibond collocati. La classifica per controvalore lascia invariato il podio, con Banca Finint che supera i 415 milioni di euro collocati, contro i 204 di Unicredit e i 112 di Bper Banca. In ultimo, i basket bond si confermano lo strumento preferito dagli arranger: otto su dieci hanno collocato in prevalenza questo strumento rispetto ai minibond singoli. Tra gli arranger non bancari, F&P Merchant, Pirola Corporate Finance e Anteos Capital Adv sono stati i protagonisti per numero di emissioni e per controvalore emesso.
Una stima sugli investitori nel 2022 rivela le banche italiane come primo soggetto, con un peso del 33 percento, seguite dai fondi di debito privato al 24 percento; banche e fondi esteri hanno contribuito al 17 percento degli investimenti, segno che questo tipo di strumento potrebbe essere appetibile anche all’estero. Infine, Cassa Depositi e Prestiti ha erogato i suoi fondi al 14 percento dei titoli emessi.
I minibond alla prova green
Sostenibilità ambientale, parità di genere e corretta gestione aziendale hanno animato il secondo panel di ospiti interventi alla presentazione dell’Osservatorio. Il tema centrale delle testimonianze si è concentrato sugli effetti positivi che minibond e basket bond possono avere sugli obiettivi Esg. La logica di fondo è quella dell’accountability, termine con cui ci si riferisce al compito di rendere conto delle proprie azioni: per ottenere l’accesso ai finanziamenti, le Pmi emittenti sono tenute a dimostrare il proprio impegno su questi temi di rilievo sociale; investitori istituzionali, agenzie di rating ed autorità pubbliche nel complesso possono premiare i comportamenti virtuosi con finanziamenti maggiori e con giudizi di merito e garanzie che possono rendere meno onerosa la raccolta di capitali. Nel grande schema, questo può contribuire a raggiungere traguardi importanti come gli obiettivi di sostenibilità ambientale Onu per il 2050.
Secondo Francesca Bartoli, direttrice di Azimut Direct, la quota di green bond è destinata a crescere nei prossimi anni, anche grazie alla leva della politica e degli incentivi fiscali e alla normativa SFDR, rivolta all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari: quest’ultima vincola gli operatori finanziari a dichiarare il livello di rispetto delle priorità ambientali e sociali degli investimenti. In accordo a questo trend, tra i piani di Azimut c’è il varo di un Fondo di debito privato rivolto alla sostenibilità ambientale delle Pmi e alle Small Cap italiane. Una parte di questi strumenti dovrebbero presentare cedole Esg Linked, subordinate al raggiungimento di obiettivi di sostenibilità ambientale.
Un aumento della sensibilità per i temi ESG è confermato da Christian Martello, dirigente dell’Area Mercato per Mediocredito Trentino-Alto Adige; sensibilità spesso avvertita dalle stesse aziende clienti, che considerano il rispetto per le tematiche green come un fattore per la crescita.
Non solo ambiente. I principi Esg comprendono anche il rispetto della parità di genere. Secondo Fabrizio Negri, Ceo di Cerved Rating Agency, L’aumento componente femminile nella governance aziendale è associato ad una riduzione degli infortuni e della rischiosità dell’impresa e di turnover, come risulta da un’indagine della stessa Cerved. Secondo i dati dell’Osservatorio permanente di Cerved, a migliori performance rispetto ai criteri Esg corrispondono probabilità più basse di default sul debito: questa correlazione è ancora più marcata al diminuire della dimensione aziendale, con le Pmi in grado di beneficiare maggiormente da un rispetto degli obiettivi di sostenibilità ambientale e parità di genere.
Minibond, Garanzie e composizione degli investitori [H2]
Le garanzie sui minibond hanno anche l’effetto indiretto di contribuire alla composizione degli investitori. Modificando il rischio finale del titolo, queste possono determinare la maggiore o minore propensione delle banche verso questo tipo di investimento. Secondo Enrico Duranti, di ADB Corporate Advisory, contribuendo ad abbassare il grado di rischio del minibond, la garanzia permetterebbe alle banche investitrici di allocare una minor quota di capitale per far fronte all’esito dell’investimento. Con la riduzione di queste garanzie dovrebbe aumentare la quota sottoscritta dai fondi di investimento.
Sul tema si è espressa anche Barbara Ellero, Board member di Anthilia Capital Partner SGR. Gli operatori di finanza alternativa sono riusciti a ritagliarsi uno spazio di manovra grazie alle restrizioni di Basilea II, che innalzando i requisiti di capitale alle banche ne limitano l’erogazione del credito. Gli strumenti di private debt, di cui i minibond e i basket bond fanno parte, possono aiutare a finanziare le Pmi, soprattutto per gli interventi di finanza complementare, difficilmente bancabili: sono i casi dei finanziamenti richiesti per l’acquisizione di competitor, per la liquidazione di soci di minoranza o il ricambio generazionale. Il rischio sollevato da Ellero è che un progressivo disimpegno delle banche nel mercato dei minibond non sia compensato negli stessi tempi da un adeguato sviluppo di fondi di private capital.