Fintech e Insurtech: le novità oltre le buzzword

I temi della conferenza sull’8° report su Fintech e Insurtech dell’Osservatorio del Politecnico di Milano | Fintastico.com

Fintech e insurtech buzzword

Alcuni dei servizi finanziari presenti su Fintastico ci sono stati segnalati dai nostri partner che ci compensano.

La valutazione di Fintastico deriva dalla media ponderata delle valutazioni provenienti da Trustpilot, App Store, Google Play store

A voler riassumere l’anno per l’ecosistema Fintech e Insurtech si potrebbero usare tre parole: tassi, tecnologia e consolidamento. Che l’aumento degli interessi avrebbe condizionato il settore e la finanza in generale lo si era capito già nei primi mesi: tassi più alti avrebbero premiato le banche incumbent con generosi extraprofitti e messo alla prova quelle challenger banks concentrate su modelli di business basati su interessi vicini allo zero.

La grande novità, inaspettata e radicale, è stato l’exploit dell’Intelligenza Artificiale Generativa, con il debutto di ChatGPT in primo luogo. Come sottolineato dal professor Marco Giorgino alla presentazione dell’8° report su Fintech e Insurtech dell’Osservatorio del Politecnico di Milano, nel 2023 “AI” è diventata la buzzword per eccellenza. Quadruplicate le ricerche sul tema, tutte le imprese e startup che hanno potuto, si sono affrettate ad inserirla tra le descrizioni dei progetti.

Dell’importanza di questa tecnologia se ne ha avuto prova con l’accordo tra Consiglio e Parlamento europei per una regolamentazione in materia. Con l’AI Act, in vigore da gennaio 2024, l’Europa si dota di un regolamento preciso sui sistemi di intelligenza artificiale, su ciò che è autorizzato, sui rischi del suo impiego e sugli obblighi da rispettare per gestire questi rischi. Quella della regolamentazione è una sfida cruciale, se si considera che i modelli generativi più avanzati sono per lo più cinesi e statunitensi: dotarsi di una normativa che bilanci tutela e incentivo all’innovazione è un obiettivo strategico per l’Ue.

Dal punto di vista dei numeri, il 2023 è stato un anno di consolidamento. In totale, le 622 startup Fintech e Insurtech hanno raccolto 174 milioni di euro di finanziamenti, in sensibile calo rispetto agli oltre duecento dell’anno precedente. la maggior cautela dei Venture Capital si comprende meglio se si considera l’eccezionalità del 2022 per il funding. Anche qui, i tassi di interesse più alti hanno contribuito a raffreddare il mercato. Per altro, il dato italiano non arriva a sorpresa e conferma il ritardo rispetto all’evoluzione internazionale.

Fintech e Insurtech: il dati di mercato

Possiamo riassumere il consolidamento del mercato in pochi semplici dati. Come ha illustrato la professoressa Laura Grassi, nel 2023 sono nate 24 nuove startup. Al netto di fusioni, acquisizioni e fallimenti, il numero totale rimane sostanzialmente invariato, con un saldo negativo di otto startup in meno. Circa il 60 percento di queste giovani imprese ha registrato una crescita prevista dei ricavi. Un dato incoraggiante, anche se non necessariamente si traduce in una stabilità economica di questi modelli. Il dato interessante è invece quello sul 35 percento di queste giovani imprese che ha registrato utili positivi.

Fintech e Insutrech sono un ecosistema e il successo e la sostenibilità di queste startup dipende tanto dalla presenza di partner che le supportino nella strategia e nella sua attuazione: incumbent finanziari, aziende commerciali o industriali o altre startup possono contribuire a rafforzare questa evoluzione. L’82 percento delle Fintech e Insurtech coopera con almeno un partner strategico. In un caso su tre, questa partecipazione ha portato anche a un ingresso nel capitale della startup. Le partnership si confermano un fattore essenziale per accedere a clienti, competenze e conoscenze per nuove aree di business.

Altro fattore è la disponibilità di capitali in grado valorizzare i round di finanziamenti successivi e permettere il passaggio a scale-up. Il 46 percento delle startup prevede il ricorso a investimenti di Venture Capital nei prossimi mesi, per far fronte alle spese di ricerca e sviluppo, per le spese di marketing o per internazionalizzarsi. Da un lato, questo conferma l’importanza di questa fonte di finanziamento e della pianificazione del percorso di crescita. Dall’altro, lascia intendere che i round di finanziamenti già conclusi non siano sufficienti ad attivare una crescita endogena, fatta di reinvestimento di utili. Tutto sommato, i round previsti hanno importi ridotti, se più della metà di questi non supera i due milioni di euro.

L’internazionalizzazione si conferma un punto debole dell’ecosistema. Questo anche quando il mercato di destinazione sia quello di un altro Paese membro dell’Unione Europea, dove le normative armonizzate favorirebbero l’espansione. Solo il 41 percento delle startup offre servizi anche all’estero.

Quello che invece sorprende è il dato sulle Fintech che dichiarano di aver adottato tecnologie di Generative AI. Va detto che vi è un chiaro incentivo a queste dichiarazioni nell’anno dell’exploit di questa tecnologia. È plausibile che nei prossimi mesi si potrà meglio valutare quanti di questo 19 percento si tradurranno in progetti concreti.

Open Banking, Embedded Finance e consumatori

Secondo i dati del report, un cospicuo numero di clienti è teoricamente già predisposto ad un’esperienza bancaria digitale, con il 66 percento che utilizza almeno un canale digitale, e il 57 percento che si serve di quello mobile. Sono aumentati gli utenti che ricorrono all’home banking o al mobile banking (+6 percento), come sono cresciute le transazioni online (+18 perento) e i nuovi clienti, acquisiti con un processo di onboarding totalmente digitale (+7 percento). Quello che invece fatica ad affermarsi sono la possibilità di aggregare più conti correnti in un’unica vista, grazie alle funzionalità dell’Open Banking. Questa facoltà, disponibile per l’81 percento dei clienti bancari italiani, è impiegata solo dallo 0,42 perento. Infine, va considerata la scarsa dimestichezza con la tecnologia in genere della maggioranza dei consumatori italiani: per il 56 percento di questi, il rapporto con l’operatore in filiale resta l’opzione preferita, contro il 29 percento che ricorre ai canali digitali e il 20 percento che si serve di telefono o mail.

L’Open Banking poi, non è ancora una realtà affermata. Il tasso di adoption è fermo all’uno percento, contro l’undici del Regno Unito. Ad oggi, le banche preferiscono non condividere con terze parti i dati dei propri clienti consenzienti. Come ha sostenuto Paolo Gusmerini, serve un controvalore per cedere i dati: i tassi bassi indicano che non si è ancora percepito il valore che potrebbe convincere a cedere i dati. Per altro, i tassi di adozione risentono del tipo di clienti: più ci si rivolge al mass market, più questi tassi scendono rispetto agli early adopters, gli entusiasti dei nuovi servizi, per i quali aggregare i propri dati bancari rappresenta un valore aggiunto.

Discorso diverso per l’Embedded Finance, l’aggregazione dei servizi finanziari in piattaforme e applicazioni commerciali. Questa costringe a ripensare i processi che portano il cliente a usare questi servizi finanziari al di fuori dell’ambito bancario. Per concretizzare questi progetti è necessario trovare ambiti di applicazione di dimensioni e costi adeguati.

Dinamica simile anche per il settore assicurativo. Il canale digitale è preferito solo per le polizze più semplici: in questo caso, il 62 percento dei clienti ricorre ad applicazioni o siti web, contro un 24 percento che preferisce recarsi in agenzia o in filiale. Quando invece le polizze sono più articolate, la maggioranza (57 percento) ricorre all’interazione con il consulente in filiale, contro il 28 percento che si serve di app o siti.

Per i clienti business, il ricorso ai canali online cresce al crescere delle dimensioni. Il 27 percento di partite iva e microimprese ha richiesto un prestito tramite i canali online, mentre il 23 ha attivato online una polizza. Questa percentuale sale al 36 percento nel caso delle Pmi che hanno richiesto un prestito via internet e al 34 percento che ha attivato una polizza assicurativa in questo modo. Il rapporto diretto con gli operatori rimane comunque un servizio apprezzato se la quasi totalità di Pmi che ha dichiarato di poter individuare una figura di riferimento a cui rivolgersi in caso di problemi. Per i servizi bancari, questa percentuale è del 93 percento, contro un 89 percento per quelli assicurativi.

Fabrizio Pagni avatar
Fabrizio Pagni

Mi occupo di divulgazione economica. Scrivo di eLearning, finanza e Startup. Curo il blog aziendale di una TLC innovativa. Progetto podcast e giochi da tavola. Le interviste sono la mia specialità: quando sono fatte bene viene fuori la passione che anima le persone. Adoro trattare temi complessi: è quando riesci a spiegarli che sai di averli capiti.