Formazione dei “digital banker”: nasce il Napoli Fintech Lab

L'Università di Napoli Parthenope punta sulle competenze digitali e il fintech per far crescere i professionisti bancari e finanziari del futuro.

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Al Dipartimento di Studi Aziendali e Quantitativi (DISAQ) dell’Università di Napoli Parthenope è nato il Napoli Fintech Lab, un progetto risultato delle ricerche condotte dal gruppo di Economia degli intermediari finanziari dell’Università, che lancia sul mercato un nuovo modello formativo, primo (sicuramente) in Italia, che riunisce in un unico contenitore (il DISAQ) ricerca, formazione, industria e nuova impresa.

Il Napoli Fintech Lab si compone di tre pilastri:

  1. alta formazione
  2. open innovation
  3. startup

Dopo un primo periodo di studio e approfondimento di corsi di Finanza, Metodi Quantitativi, Tecnologia e Gestione dell’Innovazione, gli studenti vengono coinvolti in progetti di open innovation dei partner del laboratorio (per il 2021: UBI Banca, BPER Banca, ING e Aubay), oppure nell'accelerazione di un’idea o startup fintech, grazie al supporto dell’acceleratore di impresa dell’Università (Knowtrack).

Il progetto è una assoluta novità nell'ambito della cosiddetta higher education. È nuovo perché per la prima volta gli studenti potranno accedere alla formazione universitaria post-laurea a titolo totalmente gratuito, scardinando dunque il modello tradizionale del “master”. Tutti partono dallo stesso punto: la selezione sarà solo per merito e non ci saranno altre barriere all'ingresso.

Tutto ciò è reso possibile grazie ad un ulteriore elemento di novità: il Napoli Fintech Lab è un progetto totalmente condiviso con l’industria finanziaria. I partner del laboratorio partecipano insieme all'Università a tutte le attività: selezione dei candidati e delle startup, pianificazione ed erogazione della formazione, progettazione e realizzazione del progetto di open innovation, uno per ogni banca.

Seguendo un approccio di Design Thinking che verrà ingegnerizzato insieme ai partner, il laboratorio si promette di prototipare nuovi prodotti e servizi finanziari. Quindi, un’innovazione che viene pensata e realizzata tutta all'interno del laboratorio, costruendo nuove competenze e prodotti-servizi finanziari tech-driven e formando, perché no, nuovi mestieri (il “digital banker”?).

L’idea del laboratorio è nata dai risultati dell’attività di ricerca del DISAQ che, negli ultimi anni, si sta sempre più specializzando sulle strategie di gestione dell’innovazione tecnologica nelle banche.

Fare ricerca in questi ambiti è molto difficile, c’è un enorme problema di dati. Le aziende fintech sono giovani, piccole e ancora in pochi raccolgono i dati in modo sistematizzato a parte qualche provider più accreditato. E le banche non forniscono dati pubblici sulle modalità di investimento in innovazione e tecnologia. Le ricerche disponibili in ambito accademico e professionale dicono ancora poco sotto un profilo empirico: si limitano a fornire un’anagrafica e una descrizione delle fintech, i più audaci si spingono a fornire qualche dato numerico su clienti e ricavi, ma la realtà è che molti di questi studi sono risultati di survey. Ne consegue che ancora nessuno riesce a intravedere un perimetro chiaro di come il fintech cambierà la struttura del sistema finanziario. Tantomeno di come le banche stanno reagendo al fenomeno fintech.

Le ricerche che stiamo portando avanti cercano di risolvere in parte questi problemi. Stiamo raccogliendo dati quantitativi in modo granulare e organizzato, anche combinando basi di dati diverse.

I risultati degli studi finora condotti evidenziano che le banche, a livello globale, hanno strategie eterogenee in ambito fintech, ma preferiscono comunque acquisire le techfin invece che le fintech; e quando lo fanno, adottano una strategia di condivisione dell’investimento.

In sintesi, l’idea è che le banche si stiano orientando verso la condivisione di basi tecnologiche sulle quali costruire nuovi prodotti e servizi finanziari, senza che questo significhi per forza omogeneizzazione dell’offerta commerciale. Le banche sono infatti tra i maggiori investitori di Design Thinking. C’è dunque un focus sull'esperienza, sul significato che le persone danno all'acquisto e al consumo del prodotto e del servizio finanziario. Lavorando su questo, la tecnologia diventa semplicemente un mezzo e il modello di business (e il profitto), una conseguenza. Un ribaltamento di paradigma che permette comunque una biodiversità di soggetti e prodotti/servizi, anche in presenza di tecnologia condivisa.

In merito al timing e alla velocità di innovazione, le nostre ricerche evidenziano che le fintech rimangono aziende rischiose da acquisire per le banche che invece preferiscono, per la maggior parte, accordi di collaborazione. Una strada certo utile per competere subito sul mercato con soluzioni innovative, ma forse miope, incapace di accendere la scintilla del cambiamento culturale e tecnologico necessario per costruire un vantaggio competitivo attraverso una vera strategia di trasformazione digitale.

Abbiamo quindi evidenza di quattro possibili strategie:

  1. closed innovation
  2. open innovation
  3. accordi di collaborazione
  4. acquisizione di aziende fintech

Alcune banche le intraprendono tutte, combinandole in un’unica strategia digitale di medio-lungo termine.

In questo contesto è nata l’idea del Napoli Fintech Lab, pensato come strumento per le banche per accompagnare il loro processo di innovazione e adattamento al nuovo contesto competitivo. Un’infrastruttura che serve oltre che a praticare e a diffondere la cultura dell’innovazione, soprattutto a rigenerare il capitale umano che oggi deve affrontare sfide complesse che richiedono una preparazione nuova e poliedrica. Una palestra per allenare le nuove generazioni alle competenze necessarie per ideare, sviluppare e gestire l’innovazione nel settore finanziario.

In conclusione, il Napoli Fintech Lab è anche un progetto ad alto impatto sociale che ha l’obiettivo di diffondere un nuovo modello formativo, aperto e accessibile a tutti, possibile anche in altri industry diverse da quello finanziario. Il valore del progetto è stato riconosciuto anche dal Comune di Napoli che patrocina l’iniziativa e da altri sostenitori che collaborano alla sua realizzazione (per il 2021: Value4You, Little Genius International School, VGen Lab).

C’è una call aperta fino all’8 novembre per candidarsi. Il laboratorio si rivolge a giovani laureati, laureandi di II° livello con interesse ad approfondire i temi relativi al FinTech e start-upper in ambito FinTech, o professionisti che operano in ambito di innovazione finanziaria presso banche e altre istituzioni finanziarie.

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Daniele Previtali

Ricercatore (RTD-B) in Economia e gestione degli intermediari finanziari (SECS P/11) presso il Dipartimento di Studi Aziendali e Quantitativi dell’Università degli Studi di Napoli ‘Parthenope’ e Professore aggiunto presso il Dipartimento di Impresa e Management della LUISS Guido Cali. Direttore del Napoli FinTech Lab (https://www.disaq.uniparthenope.it/fintech-lab/).