Token e financial securities, intervista a Valentina Lattanzi

Mentre la criptovaluta è una rappresentazione digitale di valore utilizzata come mezzo di scambio generico, un token costituisce una rappresentazione digitale di un asset sottostante di varia natura (es. bene fisico, strumento finanziario, ecc.). La tokenizzazione, ossia la possibilità di rendere "trasportabili" digitalmente, beni fisici, favorendone la gestione dei rapporti finanziari e commerciali sta cambiando la nostra economia. Scopriamo in che modo con questo articolo.

Token e financial securities

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Abbiamo avuto l'occasione di intervistare Valentina Lattanzi, una delle coordinatrici della task force fintech dello studio legale Gattai Minoli Agostinelli & Partner. Il focus principale di Valentina è sulla Mifid2, gli strumenti finanziari e i token. 

Ciao Valentina, prima di iniziare, parlaci un po' di te

Mi occupo di finanza e capital market. Nel tempo i miei clienti si sono avvicinati sempre di più al mondo fintech, cercando nuove alternative (più semplici rispetto alla finanza classica) per finanziarsi o investire. Studio quindi già da un po’ questi temi a cui mi sono molto appassionata, anche sperimentando assieme ai clienti “più coraggiosi” i nuovi strumenti che ci offre il mercato. Con alcuni colleghi e amici che condividono questi stessi interessi e curiosità, collaboro con Tech Mood, blog che abbiamo lanciato con grande soddisfazione a ottobre 2018 e che si occupa di questi temi.  

Quali sono le principali differenze tra un token e una criptovaluta?

La criptovaluta è una rappresentazione digitale di valore utilizzata come mezzo di scambio generico per l’acquisto di beni o servizi, non dotata di per sé (al pari delle monete fiat - con cui peraltro può essere scambiata o convertita) di un valore intrinseco. I token invece costituiscono un insieme più ampio, essendo la rappresentazione digitale di un asset sottostante di varia natura (es beni fisici, servizi, strumenti finanziari, diritti derivati etc.). Gli stessi pertanto hanno un valore intrinseco che dipende (principalmente) dall’asset sottostante oltre che (sebbene in misura minore) dalla infrastruttura tecnologica che li supporta.  

Quanti tipi di token esistono attualmente? Quali sono le loro principali differenze? 

Le Autorità europee (EBA e ESMA), anche sulla scorta degli advice delle authorities di altri mercati (SEC e FINMA tra le altre) hanno individuato 3 macro-categorie in cui possono essere classificati i token, ed in particolare:

payment token: sono considerati mezzi di pagamento per l’acquisto di beni e servizi esterni all'ecosistema in cui sono generati e sono quindi assimilabili alla moneta elettronica e agli altri strumenti di pagamento; 

utility token: permettono l’accesso diretto ad un’applicazione e/o ad un servizio, ma non vengono accettati come mezzo di pagamento con riguardo ad altre applicazioni, né sono scambiabili sul mercato dei capitali; e

security token: includono una componente di investimento e, a seconda dei diritti patrimoniali e/o amministrativi che attribuiscono ai loro detentori, possono essere identificati come token “di capitale”, “di debito” o “ibridi”.

Come vengono regolamentati i token all'interno della regolamentazione italiana?

In Italia purtroppo ancora non esiste una normativa ad hoc, né una definizione compiuta di token e/o cripto-assets. E’ verosimile che il legislatore italiano e le competenti autorità di mercato si attesteranno sugli orientamenti adottati in Europa (che come detto non sembrano discostarsi da quelli dei principali mercati internazionali). Se così dovesse essere, i security token saranno soggetti alla medesima normativa applicabile al mercato dei capitali (sia in termini di emissione che di collocamento), mentre i payment token saranno a loro volta equiparati alla moneta elettronica. Ricorderei per esempio che la Francia sta modificando il Code monétaire et financier (l’equivalente per intenderci del nostro Testo Unico in Materia Finanziaria) al fine di includere i token tra, rispettivamente, i tradizionali strumenti finanziari e i comuni mezzi di pagamento. E’ auspicabile, dunque, quanto prima un intervento normativo sul tema.

Come giudichi l'apertura, anche a livello normativo, di Malta e Svizzera per quanto riguarda i crypto asset?

Tutti i mercati, specialmente quelli più investor friendly (di cui certamente la Svizzera fa parte) si sono e/o si stanno aprendo all'emissione dei crypto asset. Credo infatti che si tratti di uno sviluppo inevitabile data la diffusione del fenomeno e i volumi delle ICOs raggiunti nell'ultimo biennio. Non dimentichiamo inoltre il costante sviluppo tecnologico che ha permesso, negli ultimi tempi, di “tokenizzare”, ossia rendere “trasportabili” digitalmente, beni fisici, favorendone la gestione dei rapporti finanziari e commerciali in forma completamente automatizzata, trasparente e immutabile, grazie alla loro annotazione su registri distribuiti. E’ quindi chiaro che i mercati non vogliono perdere il treno di questa nuova economia digitale.

Credi che nel breve periodo vedremo qualche altro stato in Europa seguire l'esempio di Malta e Svizzera?

Per il primo trimestre del 2019 sono attese le normative della Francia e di San Marino. La prima con una riorganizzazione ed integrazione della normativa esistente (di fatto i security token e i payment token verranno assoggettati alla normativa applicabile ai corrispondenti strumenti sottostanti), la seconda con una normativa ad hoc più snella ma certamente molto attenta ai profili regolamentari sollevati dalle Autorità europee. Non dimentichiamo inoltre l’Italia: il MISE ha nominato un Gruppo di Esperti che sarà chiamato ad esprimersi anche su questi temi nei prossimi mesi.

Quali sono le implicazioni giuridiche per chi detiene o investe in token in Italia?

L’Italia, in mancanza di una normativa di riferimento, è molto cauta. Ad ottobre 2018, la CONSOB ha disposto la sospensione di una ICO destinata (anche) all'Italia, ritenendo che l’offerta di token (in quel caso si trattava di security token) fosse in violazione delle norme applicabili all'offerta al pubblico di prodotti finanziari. Pertanto, per tutela del mercato, in via cautelare, la CONSOB aveva sospeso l’offerta, non consentendo alla società emittente di collocare i token in Italia. Probabilmente però se quell'offerta al pubblico fosse stata realizzata in linea con la normativa applicabile alle normali offerte di strumenti/prodotti finanziari (ossia tramite prospetto informativo) – sarebbe stato possibile anche per gli investitori italiani acquistare tali token. Un discorso diverso vale invece per i token di utilizzo. Gli stessi infatti non sono riconducibili alla stringente normativa applicabile al mercato dei capitali, pertanto possono essere collocati in Italia con più semplicità.

Che opinione ti sei fatta sulle ICO? 

Le ICO (ossia initial coin offering) sono una soluzione molto efficace per la società emittente che intenda raccogliere nuova finanza o capitalizzarsi, attraverso il ricorso al mercato, a costi limitati. Ovviamente – e in questo senso si stanno muovendo i vari regolatori sul mercato internazionale – occorrerà porre dei limiti regolamentari. La mia impressione è che, se verranno adeguatamente normate, potranno avere un enorme sviluppo. Poiché l’Europa e l’Italia hanno già positivamente sperimentato forme di raccolta di capitali presso il pubblico con modalità semplificate (si veda per tutte l’ottima esperienza del crowdfunding), credo che anche le ICO possano avere una buona fetta di mercato, alternativo a quello classico nel rispetto della normativa a tutela dei risparmiatori e del mercato.

Per tutte quelle imprese o persone che stanno pensando di avvicinarsi a questo mondo, quali consigli ti senti di dare?

Consiglierei di adottare un approccio cauto, ma non troppo. Sembra infatti che la fase di studio (quantomeno in Europa) sia pressoché terminata e quindi è plausibile ritenere che nel corso del primo semestre si possano vedere le prime emissioni “compliant” con la normativa di riferimento. Il suggerimento che do sempre ai miei clienti è di comprendere innanzitutto quale sia l’effettiva esigenza della società. Ci sono infatti, come menzionavo, degli strumenti già collaudati a disposizione delle società che abbiano necessità di finanziarsi o ricapitalizzarsi, con costi contenuti e in maniera piuttosto snella. Laddove invece, ci sia un’esigenza specifica di “tokenizzazione” e quindi di procedere alla relativa ICO, è bene guardare ai mercati in cui esiste già una normativa più delineata in materia, al fine di poter procedere ad una emissione di token senza incorrere in alcuna responsabilità per violazione delle normative in vigore.

Grazie Valentina per la tua disponibilità e alla prossima!