L’arte incontra il fintech: ed è subito amore

L’arte viene è un investimento alternativo, con l’etichetta di bene rifugio: investire in arte spesso vuol dire investire in qualcosa di sicuro ma poco liquido. Ma qual’è l’entry level per il mercato dell’arte?

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L’arte viene spesso, e sempre più frequentemente, discussa nell’ambito di investimenti alternativi. Si inserisce spesso all’interno di quegli asset alternativi, con l’etichetta di bene rifugio: investire in arte spesso vuol dire investire in qualcosa di sicuro ma poco liquido. Ma qual’è l’entry level per il mercato dell’arte? Ne esiste solo uno? Andiamo a fare un rapido excursus.

Partiamo dividendo il mercato dell’arte in due mercati. Infatti normalmente si parla di mercato primario e mercato secondario. Il primo termine si usa per definire tutte quelle transazioni che hanno come punto di partenza l’artista e che quindi rappresentano la prima volta che un’opera viene venduta. Il mercato secondario, invece, fa riferimento a tutte le altre transazioni all’interno del mercato dell’arte, ovvero tutte le volte, dopo la prima, che un’opera viene venduta.

Ecco, partendo da questi due segmenti andiamo a vedere quali sono le soluzioni per un appassionato che vuole provare a investire in arte.

Mercato primario

La fetta più grossa di questo mercato se la aggiudicano ovviamente le gallerie e gli art advisors, seguiti, ultimamente in crescita, da soluzioni online quali Artfinder, Artspace e simili.

Le soluzioni offline fanno parte della realtà istituzionale del mercato primario. Sono la parte meno trasparente di tutto il mondo dell’arte ed hanno entry level molto variabili. Volendo provare a dare un valore all'entry price per una galleria di arte contemporanea che lavora con artisti giovani, si potrebbe azzardare cifre intorno ai 5-10,000 euro.

Per le realtà online i prezzi si possono abbassare molto, ma sono soluzioni che trovano veramente poco spazio all’interno della discussione investimento in arte: normalmente chi compra su quelle piattaforme lo fa per il piacere di avere l’opera in casa, senza stare troppo a pensare al possibile ROI dei soldi appena spesi.

Parlare però di entry price a 5-10.000 euro può essere fuorviante, ed il motivo è relativamente semplice. In un mercato con una volatilità così elevata, come quello dell’arte, pensare di investire su un solo artista vuol dire, per usare un eufemismo, essere molto molto coraggiosi. Su mercati così volatili normalmente l’esercizio che si prova a fare é quello della diversificazione del portfolio. Diventa quindi evidente che l’entry price non può essere considerato il valore di una singola opera, dobbiamo probabilmente concentrarci sul valore di una, seppur piccola, collezione, che può quindi poi essere considerata come un piccolo portfolio.

Una collezione di almeno otto-dieci pezzi porta quindi la nostra barriera di ingresso a numeri più vicini ai 150.000 euro.

Mercato secondario

Il mercato secondario è un mercato ben più complesso e difficile da mappare. Possiamo però identificare le case d’asta, i fondi e servizi finanziari affini e le vendite private come gli attori principali.

Storicamente questa parte del mercato è quella che ha meno interesse ad aprirsi a piccoli investimenti, con prezzi che partono da almeno 100.000 euro per i fondi di investimenti in arte e cifre ben più alte per iniziare a giocare con le case d’asta.

Esistono però startup che nel mondo dell’arte provano a combattere il problema dell’entry price.  Arthena e Feral Horses sono due esempi che stanno provando a muovere il mercato verso una maggiore trasparenza e un entry level ben più basso.

Arthena può essere definita come un fondo di investimento in arte che garantisce maggiore trasparenza sulle scelte, che riesce a fornire più dati rispetto ai fondi istituzionali e che, soprattutto, dà la possibilità di investire partendo da solo 10.000 euro. Vediamo quindi un abbassamento significativo del prezzo di ingresso al mercato, con una soluzione che però dà poca libertà d'azione agli investitori, replicando in pratica quello che è il modello dei fondi di investimento.

Feral Horses ha invece un approccio diverso da quello di Arthena. Feral Horses si pone come mercato. All’interno della piattaforma si può infatti trovare sia il mercato primario che quello secondario.

La grossa differenza è che invece di acquistare l’opera intera o azioni di un fondo, la proposta è quella di aumentare vertiginosamente la granularità del mercato, dando la possibilità agli utenti di comprare direttamente azioni delle opere. Nel mercato primario si possono acquistare azioni dagli artisti a prezzo fisso, mentre il mercato secondario diventa a tutti gli effetti una piattaforma di trading, dove gli utenti possono vendere e comprare azioni.

L’entry price diventa di pochi euro per azione, salendo quindi a qualche centinaio di euro per un mini-portafoglio di azioni di opere diverse.

In tutto questo, le opere fisiche vengono gestite da Feral Horses che le affitta a privati e aziende. Gli introiti derivanti dagli affitti vengono divisi proporzionalmente tra gli azionisti delle opere affittate.

È evidente che il mercato dell’arte stia muovendosi online, con proiezioni di crescita molto importanti e con startup come quelle menzionate, che difficilmente saranno le uniche, e che probabilmente daranno forma ai prossimi 20 anni degli investimenti in arte.

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Francesco Bellanca

Art and Tech enthusiast, aware of the probability that our world is just a digital simulation CEO @feralhorses