Che cosa sono le fintech e come stanno trasformando il nostro rapporto con le banche

Il fintech continua a trasformare le banche e la trasformazione dei servizi finanziari non sembra destinata a rallentare anche nel prossimo futuro. Diamo un’occhiata a come il fintech innova la banca.

Michele Mattei

Alcuni dei servizi finanziari presenti su Fintastico ci sono stati segnalati dai nostri partner che ci compensano.

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Recentemente il tema fintech sembra essersi guadagnato un posto di riguardo tra i temi del momento. Dal piccolo risparmiatore alla banca d’investimento, dallo studente di economia all’impiegato di banca, finanche al pensionato, che si chiede incuriosito come sia possibile riuscire a pagare con lo smartphone senza portarsi dietro il portafoglio. Ma cosa sono quindi esattamente le aziende fintech? E perché stanno stravolgendo il sistema bancario come lo conosciamo?

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Andiamo per gradi: con il termine fintech si intende la fornitura di un servizio o prodotto finanziario attraverso l’utilizzo di tecnologie per l’informazione con i sistemi più avanzati. In quest’ambito, abbiamo visto come l’avvento degli smartphone abbia creato un mercato molto vasto per tutti quei servizi e prodotti che prima erano ad appannaggio riservato delle filiali bancarie e delle finanziarie. Vuoi fare un bonifico? Vai in banca. Vuoi un’assicurazione? C’è il tuo assicuratore di fiducia con il suo bell'ufficio in via del corso. Devi inviare dei soldi ad un tuo amico conosciuto in Erasmus? In bocca al lupo. Tutto questo può ora essere effettuato da una smartphone con l’utilizzo di alcune applicazioni, dall'interfaccia semplice ed intuitiva, le così dette aziende fintech.

Ma quali sono i principali servizi offerti dalle fintech? Di seguito una lista dei servizi più comuni offerti nel 2018:

  • Insurtech: servizi di assicurazione
  • Roboadvisory: consulenza finanziaria automatizzata
  • Payments: pagamenti elettronici 
  • P2P lending: prestiti elettronici tra privati
  • Wealth management: gestione patrimoniale automatizzata

Come potete vedere riescono a coprire molti dei servizi offerti da banche e istituzioni finanziarie, e spesso, grazie alla loro semplicità e snellezza organizzativa, riescono a rispondere ai bisogni dei consumatori in maniera più rapida, efficace ed economica.

Nel triennio 2016-2018, il valore totale degli investimenti nel mercato fintech ha superato i 100 miliardi di dollari, per lo più attraverso operazioni di private equity e venture capital. E, guarda un po', i principali finanziatori, dopo anni di ostruzionismo, sono proprio le grandi banchi e i fondi d’investimento.  

Dollari

In Italia, le 8 startup che hanno superato la soglia del milione di dollari di finanziamenti ricevuti, hanno raccolto 44 milioni di dollari complessivi nel 2018, in crescita rispetto ai 20 milioni di dollari registrati in un sondaggio precedente. E proprio nel nostro paese, così legato alle banche tradizionali e al contatto diretto, e così restio alle innovazioni, che sono nate alcune delle startup fintech più interessanti del panorama europeo. Aziende come Satispay, attiva nel mercato dei pagamenti elettronici, MoneyFarm, operante nel settore del robo advisory, e Oval Money, di legislazione britannica ma con paternità tutta italiana, operante nel risparmio gestito. Queste compagnie hanno visto un’opportunità in un mercato caratterizzato da grandi players che fornivano servizi in maniera antiquata ad un prezzo elevato, puntando sulla semplicità di utilizzo, sui bassi costi e sulla vicinanza all'utente finale, creando realtà uniche, sia a livello nazionale che europeo.

Desk

Perché dunque queste aziende dovrebbero riuscire a trasformare le banche e non a fare a meno di loro? Perché ovviamente i grandi istituti bancari non sono rimasti a guardare. Dopo un iniziale scetticismo nei confronti di questo nuovo mercato, le grandi banche hanno prima puntato sull'ostruzionismo, invocando legislazioni e regolamenti, per poi abbracciare completamente il mondo fintech a suon d’investimenti.

Un esempio calzante può essere quello della startup tedesca N26, vera e propria banca nata sullo smartphone, che ha già raggiunto e superato i due milioni di clienti in Europa, fortemente finanziata da Allianz e Tencent.

O ancora Personal Capital, azienda operante nello sviluppo di software per la gestione delle finanze personali, finanziata e supportata dal gigante del risparmio gestito Blackrock.

I grandi istituti hanno capito che, date le loro dimensioni e i loro processi, tipici dei grandi gruppi industriali, non sarebbero riusciti a competere con la velocità e la semplicità di risposta che le piccole startup avevano nei confronti del consumatore. Quelle stesse startup inoltre, erano state fondate da una generazione, quella dei millennials, ai quali erano rivolti i loro servizi, e ai quali le grandi banche bramavano rivolgersi per capacità di acquisto e conoscenza dei prodotti.

Allo stesso tempo, le aziende fintech sapevano che avevano bisogno dei capitali resi disponibili dalle grandi banche per poter da un lato investire in ricerca e sviluppo, fornendo al cliente un servizio o un prodotto in continuo miglioramento dal punto di vista tecnologico, e dall'altro finanziare l’espansione e la crescita di cui un’azienda appena nata ha disperatamente bisogno.

finanziamento

Questa concomitanza di fattori ha fatto sì che gli interessi degli attori coinvolti convergessero, fino a sostenersi a vicenda nel lungo percorso dell’innovazione tecnologica. In questo modo riusciamo ora ad assistere ad una vera e propria corsa all'innovazione, con alcuni tra i più grandi istituti bancari che competono tra loro per mettersi al passo con i tempi e sfruttare le innovazioni tecnologiche a loro vantaggio.

In Italia abbiamo visto Unicredit uscire con il servizio BuddyBank, sviluppato internamente, grazie al quale il cliente viene accompagnato da un assistente virtuale completamente basato su di un’intelligenza artificiale. Di tutta risposta Intesa Sanpaolo ha premuto l’acceleratore, dapprima con il servizio di pagamenti digitali XME pay, poi finanziando una delle punte di diamante del fintech italiano, Oval Money.

Oltreoceano, vediamo i grandi players dell’investment banking sfidarsi a colpi di finanziamenti per accaparrarsi le startup più innovative della Silicon Valley e non solo. Mentre Goldman Sachs investe in Revolut, JP Morgan finanzia InvestCloud, e si cimenta addirittura nel mondo delle criptovalute, svelando al mondo il JPM Coin.

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Lieto fine per tutti dunque? Le aziende fintech si espandono e le grandi banche innovano a suon di investimenti, rivoluzionando il sistema bancario come lo conosciamo verso un modello incentrato sulla trasparenza, la facilità di utilizzo e i bassi costi? Non proprio.

Infatti, dal punto di vista strategico, la mossa dei grandi player bancari può si essere vista come un modo per innovarsi e cavalcare l’onda dell’espansione tecnologica nel tentativo di acquisire i clienti del nuovo millennio, ma dall'altra nasconde una strategia difensivista dettata dalla paura dei nuovi possibili competitors in questo settore. Abbiamo finora parlato sempre di aziende fintech come piccole startup, con fatturati e dipendenti limitati anche se in forte espansione, pronte ad attaccare il cliente con le nuove tecnologie attraverso la semplicità di utilizzo e la trasparenza. Ma cosa succederebbe se inserissimo nell'equazione le grandi compagnie Tech della Silicon Valley?

Ed è proprio questa la grande paura delle banche, ed uno dei principali motivi per cui hanno iniziato ad investire per poter colmare quel vuoto lasciato nel mercato. Aziende come Apple, Amazon, Facebook e Google hanno da una parte la potenza di fuoco in termini di capacità di investimento per poter competere con le grandi banche, e dall'altra le competenze tecniche per poter innovare internamente e fornire al cliente finale un prodotto sicuramente più avanzato e customizzato. 

Recentemente proprio Apple ha annunciato insieme a Goldman Sachs e Mastercard il lancio di Apple Card, mentre sono ormai anni che si parla del possibile ingresso di Facebook nel mondo delle criptovalute con il suo FaceCoin. Google investe da tempo nei pagamenti digitali attraverso il suo acceleratore di startup Launchpad, e Amazon, forse quello con il vantaggio competitivo più grande, ha già un sistema di pagamento interno che può essere utilizzato come un wallet virtuale, ed è già in trattative con il governo messicano per realizzarne una variante che possa essere utilizzata per gli acquisti quotidiani.

Stock Exchange

Siamo quindi di fronte solamente al primo passo nel lungo percorso della trasformazione del sistema bancario come lo conosciamo, dove la competizione tra diverse forme di organizzazione (Startup, Banche, Big Tech) cercherà di portare verso la decentralizzazione dei sistemi di pagamento e una maggior utilità per l’utilizzatore finale. Sicuramente un periodo molto interessante per gli appassionati del mondo finanziario e tecnologico.

Certo, al momento è un po' difficile riuscire ad indovinare come pagheremo il caffè tra dieci anni. Ma noi accettiamo la sfida, vero? 

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Michele Mattei

Fintech enthusiast, private investor, professional Manager. I have always been interested in tech world and financial markets. Long time investor, always looking for new opportunities.